LICENZIAMENTO- RITO FORNERO SECONDA FASE – Notifica dell’opposizione all’ordinanza alla parte personalmente– nulllità della notifica – rinnovazione della notifica o rimessione in termini?

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Commento a sentenza n. 2695/2014 Corte D’Appello Bari

Nel rito Fornero la notifica del ricorso in opposizione ex art.  1 comma 51 L. 92/2012 deve essere effettuata nei confronti del procuratore costituitosi nella fase sommaria, trattandosi di un unico procedimento ancorché suddiviso in due fasi distinte affinché sia possibile assicurare al lavoratore una tutela immediata.

NOTA

1.- Premessa. 2.- Svolgimento processuale. 3.- Disamina della motivazione. 4.- Conclusioni.

  1. Premessa

La sentenza in esame si inserisce in quel filone giurisprudenziale che, prendendo le mosse dalla ratio del rito Fornero, fornisce chiarimenti in ordine ai precipitati pratici che discendono dalla natura della sua fase oppositiva.

Occorre, dunque, fare un passo indietro e premettere brevi cenni sulla L. 92/2012.

Com’è noto la legge suddetta ha introdotto nel tessuto connettivo dell’ordinamento giuridico italiano uno schema processuale che assicura al lavoratore una tutela rapida ed immediata.

Tale obiettivo viene perseguito attraverso la scissione del giudizio di primo grado in due fasi distinte: la prima – necessaria – tesa ad accertare la sussistenza dei presupposti della tutela invocata mediante un’istruttoria ridotta agli “atti di istruzione indispensabili”; la seconda – solo eventuale – di opposizione al provvedimento emesso al termine della precedente a cognizione piena ed ordinaria istruita tramite tutti gli atti ritenuti “ammissibili e rilevanti”.

In altri termini trattasi di un unico procedimento,ancorché bifasico, in cui l’opposizione non ha natura impugnatoria ma costituisce, di contro, quel momento – eventuale e non obbligatorio – volto confermare e/o modificare un precedente provvedimento giudiziario emesso all’esito di una fase a cognizione semplificata, suscettibile di divenire definitivo nel caso di mancata opposizione, in ossequio ai principi di immediatezza della tutela ed economia processuale propri del rito in esame (ex aliisCass. Civ., sez. Lav., n. 25086/2018).

Ciò posto numerosi sono stati i dubbi interpretativi e di applicazione pratica in ordine al soggetto cui notificare il ricorso che dà avvio alla fase di opposizione.

2.- Svolgimento processuale

Procedendo con ordine, risulta preliminarmente opportuno descrivere gli aspetti salienti della vicenda processuale in considerazione.

A seguito di licenziamento per motivi disciplinari la lavoratrice adiva il Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro per ivi sentire pronunciare la sua reintegra in servizio e la contestuale condanna della società datrice di lavoro al pagamento delle retribuzioni dovute dal giorno del recesso a quello dell’effettiva reintegrazione.

Instaurato il contraddittorio si costituiva in giudizio la convenuta la quale contestava l’avversa prospettazione dei fatti chiedendo il rigetto della domanda.

Con ordinanza del 2/10/2013 il Giudice di prime cure rigettava la domanda e condannava la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio.

La ricorrente in seguito dava inizio alla fase di opposizione avverso il predetto provvedimento chiedendo l’accoglimento della richiesta iniziale.

Alla prima udienza di comparizione il procuratore dell’opponente dava atto di aver erroneamente notificato alla parte direttamente e non già al procuratore costituito.

Il giudice assegnava, pertanto, termine per provvedere alla notifica nelle forme prescritte dalla legge.

All’udienza successiva il predetto procuratore, dopo aver mostrato la notifica regolarmente effettuata, rappresentava un ritardo dell’ufficio postale nella consegna del ricorso che aveva impedito alla società resistente di costituirsi nei termini chiedendo, pertanto, nuovo termine per procedere alla rinotifica.

In altri termini parte opponente, dopo aver dimostrato che la mancata notifica non era a lei imputabile ma dovuta a negligenza dell’ufficio postale, chiedeva di essere rimessa in termini per procedere alla tempestiva rinotifica.

Il giudice si riservava.

A scioglimento della predetta riserva il giudice di primo grado dichiarava il ricorso improcedibile in osservanza del divieto di assegnazione di un secondo termine per la rinnovazione della notifica già rinnovata in modo erroneo.

Il Tribunale, cioè, interpretava l’assegnazione del primo termine per la rinotifica quale implicito ordine di rinnovazione senza tuttavia rilevare la nullità della notifica stessa ai sensi dell’art. 160 c.p.c.

Ne derivava il divieto di assegnazione di un secondo termine ex art. 153 c.p.c, che fa divieto al giudice di abbreviare o prorogare i termini perentori.

Avverso il suddetto provvedimento l’opponente proponeva reclamo in Corte d’Appello affinché fosse accertata la validità della notifica eseguita e, per l’effetto, la causa fosse rimessa innanzi al giudice di prime cure per il prosieguo.

Con sentenza n. 2695/2014 del 3/11/2014 la Corte d’Appello di Bari accoglieva il reclamo, rimettendo le parti davanti al Tribunale, sulla scorta della seguente argomentazione.

3.- Motivi della decisione

3.1.- Il destinatario della notifica

Muovendo dalla riflessione sulla natura unitaria del giudizio di primo grado, la Corte d’Appello di Bari ha dichiarato nulla la notifica del ricorso in opposizione direttamente alla parte e non già al procuratore costituito.

Il dato letterale della previsione normativa impone – genericamente – la notifica all’opposto, senza null’altro precisare e senza d’altro canto legittimare una deroga alla rappresentanza del difensore costituitosi in occasione della fase sommaria.

Ed è a tal proposito che viene in rilievo l’unitarietà del procedimento.

Se trattasi di un unico procedimento – come effettivamente è – allora la rappresentanza processuale conferita dalle parti durante la prima fase vale anche per quella successiva con applicazione della disciplina prevista dall’art. 170 c.p.c. ai sensi del quale “dopo la costituzione in giudizio, tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti”.

Ne è conseguita la non condivisibilità della tesi prospettata dalla reclamante secondo cui l’art. 52 della L. 92/2012 contiene una deroga alla disciplina generale delle notificazioni ex art. 170 c.p.c. in favore di quella di cui all’art. 415 c.p.c. stante il suo rinvio ai requisiti del ricorso indicati nell’art. 414 c.p.c.

Tale richiamo, invero, è limitato agli elementi essenziali che il ricorso in opposizione deve contenere così da ricondurre la fase oppositiva al modello ordinario ed implicitamente affermarne la pienezza della cognizione, senza che ciò implichi l’applicazione della disciplina di cui alla successiva disposizione, che prevede la notifica al convenuto.

Peraltro, secondo la Corte, non offre alcun conforto probatorio l’analogia tra il procedimento ex art. 700 c.p.c. e la prima fase del rito Fornero nonché tra il primo grado del processo ordinario del lavoro e la seconda fase del rito Fornero prospettata dalla reclamante ma, al contrario, essa corrobora e rinforza la teoria della notifica al procuratore costituito.

Al riguardo i giudici hanno evidenziato come la giurisprudenza di legittimità sia granitica in tema di notifica nell’ambito del giudizio cautelare ante causam avendo a più riprese affermato che, se la procura rilasciata per la fase cautelare è riferibile altresì al giudizio di cognizione, allora la notifica deve considerarsi pienamente regolare se effettuata al procuratore costituito per il primo procedimento.

Seguendo il sillogismo logico suggerito dalla reclamante deve innanzitutto prendersi atto che la procura conferita nella prima fase del giudizio era stata rilasciata anche per “le fasi ed i gradi successivi d’impugnazione ed esecuzione” e, successivamente, riconoscersi che la notifica andava effettuata ai medesimi difensori.

3.2.- Rimessione in termini o rinnovazione?

La reclamante ha lamentato la mancata rilevazione d’ufficio della nullità della notifica nonché la sua mancata rinnovazione.

La Corte d’Appello ha ritenuto di dover accogliere la censura in questione ricorrendo innanzitutto alla distinzione tra notifica inesistente e notifica nulla.

La notifica è inesistente solo e soltanto in ipotesi eccezionali, tutte connesse alla insussistenza di un qualsivoglia nesso tra il luogo della notifica stessa e la persona presso cui effettuata ed il destinatario dell’atto (si pensi al caso in cui nessun atto venga consegnato all’ufficiale giudiziario).

In tutte le altre eventualità – in cui il requisito del collegamento è soddisfatto – si è in presenza di una notifica nulla, il cui vizio è sanabile mediante la costituzione ovvero l’opposizione del destinatario in ossequio al principio di conservazione degli atti processuali che comunque raggiungono lo scopo a cui sono destinati nonché tramite la sua rinnovazione.

Se questa è la premessa, allora la notifica eseguita alla parte personalmente è sicuramente erronea ma nulla, non inesistente, in quanto riconducibile al suo reale destinatario e, di tal ché, avrebbe potuto essere sanata se il giudice di prime cure ne avesse disposto la rinnovazione in osservanza del combinato disposto di cui agli artt. 160 e 162 c.p.c.

3.3.- Distinzione tra rimessione in termini e rinnovazione della notifica

Ciò posto i giudici di secondo grado hanno puntualizzato che in primo grado avrebbe dovuto essere rilevata d’ufficio la nullità della notifica e, conseguentemente, avrebbe dovuto essere disposta la sua rinnovazione.

Erroneamente, invero, il primo giudice aveva rigettato la richiesta di rimessione in termini per eseguire nuovamente la notifica in ossequio al divieto di assegnazione di un secondo termine ex art. 153 c.p.c. assumendo come punto di partenza del proprio ragionamento logico-giuridico la perentorietà di quello già concesso dopo aver preso atto della violazione del termine a difesa, senza nulla dire – e far presagire – circa la nullità della notifica stessa.

Ed è a questo punto che occorre approfondire la distinzione tra remissione in termini e rinnovazione della notifica.

La prima, infatti, viene disposta quando la parte incorsa in decadenze per il decorso dei termini dimostri che ciò sia accaduto per cause a lei non imputabili.

Evidentemente la ratio soggiace nel principio di conservazione degli atti giuridici e in ragioni di equità che impongono di mettere il resistente/convenuto contumace nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato se il caso fortuito o la forza maggiore non avessero impedito la corretta notificazione dell’atto.

Di contro, la rinnovazione della notifica è disciplinata dall’art. 291 c.p.c. ai sensi del quale “se il convenuto non si costituisce e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione, fissa all’attore un termine perentorio per rinnovarla”.

Orbene nel caso di specie l’opponente era stata più propriamente rimessa in termini avendo dimostrato l’incolpevole ritardo nella notificazione del ricorso mentre il Tribunale non aveva rilevato d’ufficio la nullità della notifica per l’erronea individuazione del suo destinatario, sicché il termine perentorio disposto per la nuova notifica non poteva essere considerato inutilmente scaduto e, dunque, doveva esserne concesso altro per la rinnovazione.

4.- Conclusioni

Alla luce delle osservazioni finora esposte la Corte d’Appello ha ritenuto di dover considerare la sentenza conclusiva della fase di opposizione nulla e, pertanto, di rimettere la causa al giudice di primo grado innanzi al quale la causa doveva essere riassunta per la decisione sull’opposizione.

Conclusivamente si può affermare che la notifica del ricorso in opposizione nel rito Fornero deve essere eseguita nei confronti del procuratore già costituitosi durante la fase sommaria trattandosi di un unico giudizio quantunque distinto in due momenti processuali aventi natura e funzione differenti.

Tuttavia, quantunque la notifica del ricorso alla parte direttamente sia nulla, un granitico orientamento giurisprudenziale impone al giudice di concedere un nuovo termine per procedere alla rinnovazione della notifica stessa, non potendo sanzionare l’opposizione con la dichiarazione di improcedibilità solo constatando la mancata comparizione delle parti all’udienza prefissata.
In particolare la Suprema Corte ha escluso che possa procedersi a tale dichiarazione senza previamente accertarsi che il decreto di fissazione udienza sia stato portato a conoscenza dell’opponente, evidentemente in un’ottica di tutela del diritto di difesa.
A tal proposito in una nota sentenza ha precisato che è bisogna escludere che “le esigenze di celerità che ispirano il rito previsto dalla l. n. 92 del 2012 possano spingersi sino al punto di negare la possibilità di concedere ex art. 291 c.p.c. nuovo termine per la notifica del ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione dell’udienza, pur se la notifica stessa risulti omessa del tutto, atteso che il principio costituzionale di ragionevole durata di cui all’art. 111 Cost., comma 2, va esaminato nell’ottica non del singolo processo, ma dei tempi complessivi necessari affinchè su un dato diritto azionato si ottenga una pronuncia di merito, nel sostanziale rispetto dell’art. 24 Cost.” (Cass., Sez. Lav., sent. n. 1453/2015).
Nel caso di specie, trattandosi di un vizio sanabile, il giudice avrebbe dovuto innanzitutto porre la parte nella condizione di porvi rimedio e, solo dopo l’accertamento della sua inerzia, chiudere il processo con una mera pronuncia di rito.

Avv. Laura Lieggi (con la partecipazione della dottoressa Angelica Maiorano)