Lavoro agile o “smart working”: doveri datoriali e doveri del lavoratore

blocco

Preambolo

A seguito della diffusione dell’epidemia da Covid-19, è stata introdotta una nuova modalità di svolgimento del rapporto lavorativo. Questo complesso e delicato scenario di emergenza sanitaria, infatti, ha fatto emergere una rilevante necessità di continuazione dell’attività lavorativa, attesa l’impossibilità di raggiungere aziende, uffici o altri luoghi di lavoro. Dunque, si è resa necessaria l’implementazione del “lavoro agile”, svolto direttamente presso le abitazioni dei prestatori.

La legge dà una precisa definizione della predetta modalità lavorativa, intesa quale “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.

In altre parole, è stata offerta la piena opportunità alle aziende, imprese e pubblici uffici di permettere la continuazione delle proprie attività da remoto, avvalendosi dell’ausilio di strumentazione elettronica e di tecnologie informatiche (tablet, smartphone, PC, laptop).

Le Norme

Art. 18 legge 22 maggio 2017 n. 81,
DPCM 8 marzo 2020 e successivi,
art. 4 Statuto Lavoratori,
Jobs Act 2015.

Questione

La normativa n. 81 del 2017 ha disciplinato i diritti e gli obblighi di ciascuna parte, datore e prestatore:

  • per il primo è fatto obbligo di garantire ai lavoratori la fornitura degli adeguati supporti informatici al fine del corretto e regolare adempimento delle mansioni ad essi assegnate;
  • ai lavoratori, invece, è richiesta una diligente conservazione del buono stato delle apparecchiature elettroniche aziendali ricevute e un dovere di “reperibilità” ogni qual volta sia richiesta dal datore di lavoro (limitatamente alle esigenze aziendali), oltre ad un obbligo di riservatezza e non divulgazione dei dati aziendali di cui siano in possesso.

Inoltre, è stato fatto categorico divieto a parte datoriale circa l’installazione di sistemi di videosorveglianza con il fine di verificare il regolare svolgimento della prestazione del lavoratore, salvo che il medesimo prestatore non dia un consenso esplicito ad essere video-registrato e controllato per via telematica.

Per ulteriore dovere di chiarezza, è necessario sottolineare come l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori faccia divieto di utilizzo di tale pratica di video controllo; tuttavia, il Jobs Act del 2015 ha radicalmente riformato tale principio rendendo, al contrario, legale l’esercizio di tale pratica. L’art. 4 dello Statuto, a sua volta però, ha mantenuto una “limitata autonomia” garantendo che, al fine di procedere all’installazione di videocamere o strumenti idonei al sorveglianza, il datore di lavoro debba sempre rispettare l’obbligo di far firmare una liberatoria alla rappresentanza sindacale dei lavoratori ed, inoltre, debba far firmare dei moduli per la concessione dell’autorizzazione al trattamento dei dati sulla privacy, così come stabilito dal GDPR 679/2016, a tutti i propri dipendenti.

In definitiva, si potrà parlare di un buon compromesso tra le parti, le quali vedranno garantito il normale svolgimento della prestazione lavorativa, senza veder lesi i principi di buona fede e correttezza, ex artt. 1175 e 1375 c.c., fondanti ogni rapporto di lavoro subordinato.

In termini di diritti per il lavoratore, il lavoro “agile” prevede una forma di flessibilità per quanto concerne sia i luoghi che i gli orari di svolgimento del lavoro. Infatti, al prestatore è lasciata piena autonomia di scelta in merito a dove svolgere il proprio lavoro (non essendo vincolato al proprio domicilio) ed in particolare in quali fasce orarie della giornata, purché si rispetti il numero di ore minime prevista da contratto.

Sulla retribuzione del prestatore, inoltre, la principale novità introdotta dallo “Smart working” è quella del pagamento delle prestazioni straordinarie, del dipendente anche mediante il riconoscimento di bonus per la produttività e per gli obiettivi eventualmente raggiunti dal lavoratore.

Tra gli svantaggi che il lavoro “agile” ha invece portato vi è quella della cessazione del diritto del lavoratore alle c.d. “indennità di mensa”, ovvero alla percezione dei “buoni pasto”, in quanto viene meno la necessità di remunerare la partecipazione fisica del lavoratore all’interno dei locali aziendali, non rivestendo la predetta indennità carattere retributivo.

Altro aspetto fondamentale su cui porre l’attenzione è rappresentato dalle enormi opportunità che tale modalità di lavoro offre alle parti in gioco: attraverso tale normativa, infatti, si è consentito di aumentare la produttività delle imprese, abbattendo i costi di produzione legati alla partecipazione fisica dei dipendenti in azienda, con evidente miglioramento del benessere psico-fisico dei lavoratori, mentre, dall’altro lato, si è implementato l’utilizzo e lo sviluppo di tecnologie avanzate e di strumenti informatici di ultimissima generazione.

Ritornando al discorso principale sullo Smart Working, è d’uopo concludere aggiungendo che sarà sempre necessaria, ai fini della corretta prosecuzione del rapporto di lavoro, che le parti mirino sempre più verso l’utilizzo del “lavoro agile”, in sostituzione del rapporto di lavoro subordinato, in modo tale da stabilire tutte le regole etico-deontologiche nonché le direttive sugli orari e sui luoghi di esecuzione della prestazione del lavoratore.
Inoltre, la retribuzione del prestatore non verrà più commisurata in virtù delle ore di lavoro svolte, ma in base al raggiungimento di determinati obiettivi aziendali, con la possibilità di accedere ad incentivi e premi di produttività.
In caso contrario, infatti, troveranno sempre applicazione le disposizioni definite dal contratto sinallagmatico, già in precedenza stipulato tra lavoratore e azienda, che fornisce una precisa statuizione circa luoghi e orari di svolgimento dell’attività lavorativa, oltre che sulla retribuzione spettante al prestatore.