Indennità di trasferimento ex Legge 86/2001

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Indennità di trasferimento ex Legge 86/2001. Il Tar conferma il diritto dei a percepire il trattamento economico spettante dalla data di avvenuto trasferimento dalla sede di Bari alla sede di Altamura, e dalla sede di Altamura alla sede di Lecce
Pubblicata in data 05.05.2016 la sentenza nr. 590/2016 con la quale il Tar Puglia ha confermato che a seguito del trasferimento del 7° Rgt Bersaglieri dalla sede di Bari alla sede di Altamura spetta ai militari trasferiti il pagamento dell’indennità di trasferimento ex L. 86/2001. Con la stessa pronuncia è stato anche affermato che tale indennità compete al personale del 31° Rgt Carri trasferito dalla sede di Altamura alla sede di Lecce a seguito della ridislocazione del 7° Rgt Bersaglieri.

Si riporta di seguito l’estratto del testo della sentenza:

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 253 del 2015, proposto da: P.C., E.D’A., V. D., L.D.B., G.D.M., V.D.F., A.L., D.M., A.P., G.R., rappresentati e difesi dall’avv. Laura Lieggi, con domicilio eletto presso Laura Lieggi, in Bari, Via G. La Pira n. 3;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, Via Melo, n. 97;
per l’accertamento
del diritto dei ricorrenti di percepire il trattamento economico ed ogni altro emolumento, ivi compresa l’indennità di prima sistemazione ex l. 836/1973, di spettanza del personale trasferito d’autorità previsto dall’art. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86, dalla data di avvenuto trasferimento dalla sede di Bari alla sede di Altamura, oltre interessi legali e rivalutazione; nonché per la condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento dell’indennità di trasferimento e l’indennità di prima sistemazione previste rispettivamente dall’art. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86 e dalla l. 836/1973, dalla data di avvenuto trasferimento dalla sede di servizio di Bari ad Altamura e da Altamura a Lecce (limitatamente al ricorrente E. D’A.), oltre gli interessi legali e la rivalutazione. Visti il ricorso e i relativi allegati;Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 aprile 2016 la dott.ssa Maria Colagrande; Uditi per le parti i difensori Laura Lieggi e Ines Sisto; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti, ufficiali, sottufficiali e graduati di truppa dell’esercito italiano, in servizio permanente ed effettivo fino al 19.12.2012 nelle sedi di Bari e Altamura, riferiscono che, a seguito di una più ampia riorganizzazione degli Enti della Difesa, attuata nel corso del 2012, veniva disposto il ridislocamento del 7° Reggimento Bersaglieri dalla sede di Bari a quella di Altamura e del 31° Reggimento Carri, ai quali rispettivamente appartengono, dalla sede di Altamura a quella di Lecce. Venivano, quindi, destinati alle sedi di Altamura e Lecce con provvedimento d’autorità. Richiamano, ai fini dell’accoglimento della domanda, i precedenti di questo Tribunale che ha riconosciuto, in casi analoghi, il diritto a percepire le indennità e gli emolumenti previsti dall’art. 1 l. 29 marzo 2001, n. 86. Resiste il Ministero della Difesa che eccepisce preliminarmente la tardività del ricorso notificato il 4.2.2015, benché i provvedimenti di trasferimento risalgano al 2012. Deduce, inoltre, che non si tratterebbe di trasferimenti d’autorità ma a domanda, perché i ricorrenti, invitati ad esprimere il gradimento per una delle sedi disponibili, hanno indicato la sede prescelta, manifestando interesse al trasferimento. I ricorrenti replicano di non avere avuto alcun interesse a trasferirsi, ma sarebbero stati a ciò costretti a causa del mutamento di dislocazione del Reggimento di appartenenza e che, pertanto, i trasferimenti furono disposti nell’ interesse dell’Amministrazione, che li avrebbe sollecitati a presentare domanda di trasferimento.
All’udienza del 7 aprile 2016 la causa è passata in decisione.
Preliminarmente è da respingere l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata dalla difesa erariale.
Infatti, non è in discussione il trasferimento asseritamente imposto ai ricorrenti, ma il diritto alla percezione delle indennità che la legge riconosce ai destinatari del trasferimento d’autorità.
La controversia ha, quindi, ad oggetto diritti soggettivi azionabili nel termine di prescrizione di cinque anni, ove si ritenga di riconoscere natura retributiva agli emolumenti rivendicati, o di dieci anni laddove si propenda per la natura indennitaria.
Nel merito il ricorso è fondato.
Questo Tribunale si è già espresso su ricorsi aventi ad oggetto analoghe pretese riconoscendole fondate (Tar Bari, Sez. I n. 519/2014 e n. 520/2014) ed a tali precedenti occorre fare riferimento, non ricorrendo sopravvenienze normative né un diverso orientamento delle Sezione al riguardo. L’art. 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86 (nel testo vigente al momento dell’adozione degli atti impugnati) stabilisce: “Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d’autorità ad altra sede di servizio sita in un Comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi”. Occorre, pertanto, stabilire quando ricorre il trasferimento d’autorità o d’ufficio che implica la corresponsione dell’indennità di trasferimento e di prima sistemazione, quando invece quello a domanda. Il discrimine è stato individuato nella diversa rilevanza che in essi assumono i contrapposti interessi coinvolti, da un lato, quello dell’Amministrazione al regolare ed ordinato funzionamento degli uffici pubblici e, dall’altro, quello dei dipendenti al soddisfacimento delle proprie esigenze personali e familiari. Mentre i trasferimenti d’ufficio perseguono, infatti, in via immediata ed esclusiva l’interesse specifico dell’Amministrazione alla funzionalità dell’ufficio, al quale è completamente subordinata la posizione dei pubblici dipendenti (le cui aspirazioni individuali possono essere tenute in considerazione eventualmente nei limiti delle preferenze da essi espresse circa la sede di servizio), nei trasferimenti a domanda risulta prevalente il perseguimento del soddisfacimento delle necessità personali e familiari dei dipendenti, rispetto alle quali l’interesse pubblico funziona esclusivamente come limite esterno di compatibilità, dovendo in ogni caso essere sempre assicurato il rispetto dei principi di cui all’art. 97 della Costituzione sub specie, in particolare, del principio di “buon andamento”. Nell’ambito di tale orientamento è stato affermato che non è sufficiente la mera presentazione di una domanda del pubblico dipendente affinché l’assegnazione ad una nuova sede di servizio possa essere sicuramente qualificata come trasferimento a domanda, dovendo indagarsi su quale interesse sia stato perseguito immediatamente e prioritariamente (cfr., in tal senso T.R.G.A. Bolzano, 24 aprile 2013, n. 183; Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3383, 7 febbraio 2011, n. 814, 24 dicembre 2008, n. 6549 e 12 maggio 2006, n. 2670; C.G.A., s.g., 27 marzo 2012, T.R.G.A. Bolzano, 13 maggio 2004, n. 262, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 5 novembre 2012, n. 2209, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 18 dicembre 2012, n. 3115; T.A.R. Lazio Roma, II, 2 marzo 2010, n. 3267; in senso contrario, cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 giugno 2012, n. 3835, 27 ottobre 2011, n. 5767 e 23 ottobre 2008, n. 5212). Nel caso di specie, come esposto in fatto, i ricorrenti hanno presentato domanda di trasferimento su evidente sollecitazione della stessa Amministrazione, in vista del ridislocamento del 7° Reggimento Bersaglieri dalla sede di Bari a quella di Altamura. Ad avviso del Collegio la proposizione di tale domanda non preclude il riconoscimento dei benefici conseguenti al trasferimento d’ufficio, in quanto esso non è avvenuto per libera scelta, ma su indiretta sollecitazione dell’Amministrazione, senza che ciò abbia comportato il mutamento della natura sostanziale del trasferimento disposto “d’autorità” e del tipo di interesse (prevalentemente pubblico) ad esso sotteso. Anche a voler integralmente prescindere da quanto sin qui detto, a costituire una autonoma e separata linea motivazionale a supporto della decisione resa, può altresì evidenziarsi che la questione controversa riguarda, da un punto di vista puramente oggettivo, la spettanza del diritto all’indennità di trasferimento di autorità per il militare che, dovendo necessariamente cambiare sede a seguito della soppressione o del ridislocamento del reparto di appartenenza, si veda tuttavia, riconosciuta dall’Amministrazione la facoltà di indicare la nuova sede di destinazione. A tale riguardo, la giurisprudenza del Consiglio di Stato esprime orientamenti di segno differente (nel senso che i trasferimenti del personale conseguenti al cambio di sede di uffici e reparti per motivi logistici o organizzativi rientrano nella categoria dei trasferimenti d’autorità Cons. Stato, sez. I, 11 luglio 2012, parere sull’affare n. 1677/2012; C.G.A.R.S., 18 settembre 2012, n. 777; nel senso della irrilevanza della soppressione del reparto di appartenenza, poiché la scelta del militare di chiedere determinate sedi anticipa e previene il trasferimento d’autorità che l’Amministrazione dovrebbe in un secondo tempo adottare in conseguenza delle proprie scelte organizzative: Cons. Stato, sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5767; Id., sez. IV, 28 giugno 2012, n. 3835). Peraltro, in epoca recentissima, l’art. 1, comma 163, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha modificato la normativa di riferimento (art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86), inserendo, dopo il comma 1, un comma 1-bis, che così recita: “L’indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d’autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni.” Nella nuova disposizione, non vi è alcun carattere che possa indurre a considerarla di natura interpretativa e, dunque, naturalmente dotata di efficacia retroattiva. Ne discende che essa ha inteso avere un effetto innovativo nell’ordinamento, modificando la normativa previgente. Deve, dunque, ritenersi, argomentando a contrario, che, prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, l’indennità connessa al trasferimento d’autorità spettasse -nella sussistenza di tutti gli ulteriori e necessari requisiti di legge, a partire dalla distanza superiore ai dieci chilometri fra la sede di provenienza e quella di destinazione (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 16 dicembre 2011, n. 23) – in tutti i casi in cui il trasferimento facesse seguito alla soppressione o al ridislocamento del reparto di appartenenza. In conclusione, pertanto, anche in considerazione di tale ulteriore linea argomentativa, il ricorso va accolto, con il conseguente riconoscimento del diritto dei ricorrenti all’indennità di cui all’art. 1, primo comma, L. 29 marzo 2001, n. 86 dalla data di avvenuto trasferimento dalla sede di Bari alla sede di Altamura. Sulle somme di cui è stata riconosciuta la spettanza, ai sensi dell’art. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 e dell’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, è dovuto solo il maggiore importo tra interessi legali e rivalutazione monetaria, senza cumulo delle due voci, da computarsi secondo i criteri stabiliti dalle Adunanze Plenarie del Consiglio di Stato 15 giugno 1988, n. 3, 13 ottobre 2011, n. 18 e 5 giugno 2012, n. 18.
Benefici Combattentistici.
Con la sentenza nr. 358 del 22.04.2016 la Corte dei Conti per la Regione Siciliana ha confermato il diritto al riconoscimento dei benefici combattentistici per la partecipazione alle missioni in “zone di intervento” riconoscendo il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dei benefici.
Tale sentenza non fa che ribadire la correttezza delle azioni avviate, ed in corso, dallo Studio Legale Lieggi per il riconoscimento dei diritti dei militari, in pensione ed in servizio, che partecipano o hanno partecipato a operazioni in zone di intervento mettendo a repentaglio la propria vita per il dovere verso la Patria.
Si riporta di seguito il testo integrale della sentenza:
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dottssa Maria Rita Micci
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 358/2016
nel giudizio di pensione, iscritto aln. 2194 del registro di segreteria, promosso ad istanza di : A. C. nato OMISSIS residente OMISSIS;
Nei confronti di:
– MINISTERO DELLA DIFESA
– STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO
VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio
1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205;
VISTI il ricorso e gli altri atti e documenti di causa;
nella pubblica udienza del 20 APRILE 2016 è presente il ricorrente personalmente; assente l’amministrazione
FATTO
Con ricorso notificato il 10 novembre 2014 e, quindi, depositato il successivo 18 dicembre, il Colonnello C. chiedeva, previo annullamento della nota ministeriale della nota ministeriale prot. MD GPREV 0150685 del 22 settembre 2014, la riliquidazione della propria pensione previo riconoscimento dei benefici di cui alla L 1746/1962, secondo la disciplina di cui all’art. 3 L. 390/1950 e art. 1858 del D.Lgs. 66/2010, nella misura di cui all’art. 18 del DPR 1092/1973, con la corresponsione delle somme dovute a decorrere dal 12 agosto 2012 e da durare a vita. Esponeva il ricorrente, collocato in ausiliaria per raggiunti limiti di età il 12 agosto 2012, di aver prestato, nel periodo 29 dicembre 2004 – 25 maggio 2005, servizio presso il Centro Amministrativo di intendenza con sede in Kabul (Afghanistan) per conto dell’O.N.U., nell’ambito dell’ operazione ‘TSAF”. On istanza del 27 maggio 2014, il ricorrente chiedeva il riconoscimento di un anno di supervalutazione in eccedenza rispetto al limite dei 5 anni previsto dal D.Lgs. 165/1997, per essere stato comandato a prestare il servizio suddetto. Tale missione era stata classificata dal ministero della Difesa con determinazione del giorno 11 gennaio 2007, come “zona di intervento” per gli effetti di cui alla L. 1746/1962. Il Ministero della Difesa rigettava la richiesta rappresentando che i benefici di cui alla L. 390/1950, in assenza di un esplicito rinvio, sono temporalmente limitati al periodo bellico : 11 giugno 1940 – 8 maggio 1945, né possono ritenersi applicabili i benefici di cui all’art. 18 del DPR 1092/1973 in quanto espressamente destinati a ricompensare il servizio militare prestato in tempo di guerra. Le campagne O.N.U., infetti, non sono mai state dichiarate campagne di guerra, essendo definite da sempre come “missioni di pace”. Occorre, pertanto, a detta del Ministero una espressa definizione di una campagna come campagna di guerra; detta definizione non può ricavarsi per analogia. Con memoria del 7 aprile 2016, il Colonnello C. insisteva per l’accoglimento del ricorso.Con memoria depositata il giorno 11 aprile 2016, il Ministero della Difesa, insistendo nella posizione già stragiudizialmente manifestata, chiedeva il rigetto del ricorso. Considerato in
DIRITTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio, parte ricorrente ha chiesto il riconoscimento dei benefici di cui alla L. 1746/1962, secondo la disciplina di cui all’art. 3 L. 390/1950 e art. 1858 del D.Lgs. 66/2010, nella misura di cui all’art. 18 del DPR 1092/1973, con la corresponsione delle somme dovute a decorrere dal 12 agosto 2012 e da durare a vita.
Parte resistente chiede il rigetto di dette pretese stante la qualificazione di missioni di pace che caratterizza te missioni ONU cui il ricorrente ha preso parte.
L’articolo unico della legge 11 dicembre 1962 n. 1746 stabilisce: “Al personale militare, che per conto dell’ONU abbia prestato o presti servizio in zone d’intervento, sono estesi i benefici previsti dalle norme in favore dei combattenti. Le zone d’intervento sono indicate con apposite disposizioni dello Stato Maggiore della Difesa”.
Dagli atti di causa risulta che l’odierno ricorrente ha preso parte alla missione ONU denominata ISAF in Kabul (Afghanistan) dal 29 dicembre 2004 al 25 maggio 2005. Dalla determinazione del Capo di Stato Maggiore della Difesa del 31 dicembre 2013, la missione risulta ricompresa neF elenco dei territori da considerarsi, per i periodi a fianco di ciascuno di essi indicato, “zona di intervento” ai fini della citata legge.
Come ampiamente esposto in narrativa, l’amministrazione odierna resistente nega che allo svolgimento dei servizi così come poc’anzi descritti, possa ricondursi il riconoscimento dei ed. benefici combattentistici II Ministero motiva il proprio diniego osservando che il servizio nelle missioni per conto dell’ONU, sono espressamente definite “missioni di pace”, non è equiparabile al servizio prestato dai militari durante la guerra 1940-1945 cui è da ritenersi esclusivamente riferita la legge n. 390 del 1950.
Il Giudice, condividendo la recente giurisprudenza di questa Corte (v. Corte conti Friuli Venezia Giulia 2/2016 e tutta le giurisprudenza ivi richiamata) non ritiene possa aderire alla tesi controparte, per le ragioni qui di seguito esposte.
I benefici combattentistici di cui parte ricorrente chiede l’applicazione sono tutti quei benefìci che il legislatore del 1950, volte riconoscere, con la legge n. 350 a tutti coloro che parteciparono ad operazioni di guerra nel periodo compreso tra il giorno 11 giugno 1940 e il giorno 8 maggio 1945; appare quasi superfluo dover precisare che la ratio di detta norma la si rinviene nell’intento di compensare il fatto che i partecipanti a dette operazioni abbiano messo a repentaglio la propria vita per il dovere verso la Patria.
Nel 1950 l’ONU non esisteva ancora e, pertanto, solo il legislatore del 1962, attraverso l’emanazione della L. 1746, composta di un solo articolo, ha voluto estendere a tutti coloro che avessero prestato servizio in particolari zone di intervento, i benefici combattentistici di cui alla legge 350/1950, stante l’elevato rischio per la vita umana che detto servizio caratterizza.
Ovviamente è necessario effettuare una interpretazione adeguatrice della norma, guardando a quella che è il bene ultimo che il legislatore ha voluto tutelare (elevato rischio per la vita umana compensato con benefici economici e previdenziali) e non già il limite temporale (1940 – 1945) in cui i servizi riconoscibili siano svolti, indicato dalla norma medesima.
Orbene, il ricorrente, come meglio risulta dagli atti, ha prestato servizio (29 dicembre 2004 – 25 maggio 2005 ) a Kabul (Afghanistan) nel corso dell’operazione IFAS, meglio conosciuta come “International Security Assistance Force”. Trattasi di una missione della NATO autorizzata dall’ONU, di supporto al governo dell’ Afghanistan nella guerra contro i Talebani e al – Quaida. Innegabile è, quindi, l’elevata pericolosità e l’elevato rischio per le vite umane dei soldati che vi erano coinvolti, seppure a scopo di protezione, sostegno ed addestramento per il governo afghano, in un territorio per anni segnato dalla guerra.
Occorre precisare che l’art. 5 della L. 824/1971, pur escludendo dagli specifici benefici combattentistici di cui alla legge n. 336/1970 il personale in servizio nelle “zone di intervento” O.N.U., conferma la vigenza e la portata generale dell’ articolo unico della legge n. 1746/1962; ed è a tale disposizione, pertanto, va dato significato e continuità applicativa.
Questo Giudice, conformemente alla recente giurisprudenza di questa (Corte conti Puglia 456/2015; Corte conti Sardegna 352/2015) ritiene che al personale che abbia prestato servizio in tali zone e nei periodi indicati nelle determinazioni dello Stato Maggiore della Difesa, vada il riconoscimento della supervalutazione di cui all’art. 18 del D.P.R. n. 1092/1973. Va inoltre osservato che non vi è alcuna ragionevole motivazione che induca a ritenere che l’estensione dei “benefici in favore dei combattenti” di cui alla legge n. 1746/1962, riguardi i soli benefici stipendiali; tale limitazione non è infatti desumibile in via interpretativa dal disposto dell’ articolo unico della legge n. 1746 del 1962, che prevede l’applicazione dei “benefici previsti dalle norme in favore dei combattenti” senza aggettivazioni limitative di sorta, per cui non può non riconoscersi che il richiamo riguardi anche le norme che prevedono benefici di natura previdenziale/pensionistica (cfr., in senso conforme, Corte conti Sez.Ia App. n. 845/2013).
Si rammenta che l’art. 18 del D.P.R n. 1092/1973, stabilisce che il servizio computabile ai fini del trattamento di quiescenza è aumentato di un anno per ogni campagna di guerra riconosciuta ai sensi delle disposizioni vigenti in materia; che l’art. 3 della legge n. 390/1950, prevede che per ottenere il riconoscimento di una campagna di guerra è necessario che sia complessivamente prestato, per ogni armo solare, un periodo, anche non continuativo, di non meno di tre mesi di servizio operativo di guerra; che qualora nell’anno solare non si raggiunga il periodo minimo di cui al comma precedente, ma la partecipazione al ciclo operativo sia continuativa a cavallo di due anni, può essere computato per il riconoscimento di almeno una campagna il servizio prestato nell’anno successivo, a meno che questo a sua volta non sia di tale durata da comportare il riconoscimento di un’altra campagna; in tal caso verrà riconosciuta solo questa ultima. Alla luce di quanto sin qui esposto, il ricorso presentato dal Colonnello Calmavo è meritevole di accoglimento.
Il Colonnello C. A. ha diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dei benefici di cui agli artt. 3 della L. 390/1950 e 18 del D.P.R. n. 1092/1973, che risultano comportare, in ragione dei sopraindicati periodi di servizio svolti dal ricorrente in zone d’intervento O.N.U., il complessivo riconoscimento a fini pensionistici di 1 campagna di guerra.
Sulle spettanze arretrate conseguenti alla riliquidazione retroattiva della pensione, spettano al ricorrente gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (determinata, ai sensi dell’articolo 150 disp. att. c.p.c, alla stregua degli indici rilevati dall’ISTAT armo per armo) a decorrere dalla scadenza dei singoli ratei sui quali spettavano le maggiori somme sino al saldo. Il cumulo di interessi e rivalutazione è peraltro da riconoscersi solo parzialmente, ovvero la rivalutazione solo quale eventuale integrazione degli interessi legali ove l’indice di svalutazione ISTAT dovesse eccedere la misura degli stessi (cfr. SS.RR n. 10/QM del 18.10.2002). Nulla per le spese
P.Q.M.
il Giudice Unico delle Pensioni, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, con riferimento al ricorso n. 62194:
accoglie il ricorso e per l’effetto riconosce il diritto del Col C. A. alla riliquidazione della pensione con applicazione dei benefici (per la parte in cui, come da documentazione in atti, non siano stati già riconosciuti) di cui agli arti. 3 della legge n. 390 del 24.04.1950 e 18 del D.P.R. n. 1092 del 29.12.1973;
Sulle somme arretrate da erogarsi al ricorrente dovranno essere calcolati separatamente (tenuto conto dei principi enunciati nella sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n. 10/2002/Q.M.), con decorrenza dalla maturazione dei singoli ratei pensionistici e sino al soddisfo, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (quest’ultima da corrispondersi, però, limitatamente al maggior danno derivante dall’eventuale differenza tra la svalutazione monetaria, calcolata anno per armo in base agli indici di cui all’art. 150 disp. att. del c.p.c, e gli interessi legali).
L’aggiornamento delle zone di intervento e dei periodi utili ai fini del riconoscimento della supervalutazione dei servizi prestati è disponibile sul sito www.studioavvocatolieggi.com sezione newsletter.
E’ possibile aderire al ricorso collettivo per il riconoscimento dei benefici combattentistici:
1 gruppo aperto per per personale in servizio
1 gruppo aperto per personale in pensione
Per ulteriori informazioni è possibile contattare lo Studio Avv. Lieggi al nr. 0805584348 dal lunedì al venerdì dalle ore 16.00 alle ore 18.00 o inviando mail all’indirizzo legale@studioavvocatolieggi.com
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