Assegnazione a mansioni formalmente equivalenti
Divieto di assegnazione al lavoratore di mansioni che, anche se formalmente equivalenti, non salvaguardano il livello professionale acquisito.
“In termini generali questa Corte ha più volte affermato che, in tema di riclassificazione del personale, la parte datoriale non può limitarsi ad affermare semplicemente la sussistenza di un’equivalenza convenzionale tra le mansioni svolte in precedenza e quelle assegnate a seguito dell’entrata in vigore della nuova classificazione, dovendo per contro procedere ad una ponderata valutazione della professionalità del lavoratore al fine della salvaguardia, in concreto, del livello professionale acquisito, e di una effettiva garanzia dell’accrescimento delle capacità professionali del dipendente (ex multis, Cass. 11 novembre 2009, n. 23877). E’ stato anche precisato che l’equivalenza delle mansioni – condizionante, ai sensi dell’art. 2103 cod. civ., la legittimità tanto dello ius variandi operato dal datore di lavoro quanto del riclassamento disposto dalla contrattazione collettiva -costituisce oggetto di un giudizio di fatto che deve essere dal giudice di merito operato volta per volta, incensurabile in cassazione (se sorretto da una motivazione logica, coerente e completa), e va verificata sia sotto il profilo oggettivo, cioè in relazione all’inclusione nella stessa area professionale e salariale delle mansioni iniziali e di quelle di destinazione, sia sotto il profilo soggettivo, cioè in relazione all’affinità professionale delle mansioni, nel senso che le nuove devono quanto meno armonizzarsi con le capacità professionali acquisite dall’interessato durante il rapporto di lavoro, consentendo ulteriori affinamenti e sviluppi (cfr. in tal senso Cass. 23 marzo 2005, n. 6326; id. 8 giugno 2009, n. 13173).(Cassazione 15010 del 2013)